SANT’AGATA E IL VINO NELLA STORIA
Il vino è il prodotto di un terreno di un luogo. Per produrre un ottimo vino, la divina bevanda, è necessario che la vite cresca su un luogo sacro. L’Etna è un luogo sacro: il suo suolo ha una qualità particolare, capace di far identificare a sé l’uomo, di metterlo in uno stato tale che possa sentirsi in comunione con la natura, simbolo della divinità che egli intuisce. Sono convinto che il posto dove nasce un grande vino, quello che si beve non per la sete o per l’alcool, ma per le sue virtù, il vino dei grandi vigneti, si trovi in un luogo sacro. L’Etna e tutto il territorio catanese è impregnato di fenomeno religioso. Lo spirito di Dio, per usare un’espressione valida al nostro livello, ha alitato là, “nutrendo” di amore spirituale una bambina di nome Agata, cresciuta sul posto. Catania, luogo abitato dallo Spirito Santo, è stata, ed è ancora, meta di pellegrinaggio frequente per incontrare Agata, la “Santuzza”.
Celebrata il 5 febbraio, Sant’Agata è la patrona di Catania e di altre numerose località italiane. Sant’Agata nasce nell’anno 238 ed intorno ai vent’anni esercita un ruolo attivo all’interno della comunità cristiana. Tra il 250 e il 251 deve fare i conti con le molestie subite dal proconsole Quinziano che, invaghitosi della ragazza, le impone di ripudiare la propria fede. Agata rifiuta di adorare gli dei pagani, e per questo viene affidata alla custodia rieducativa di Afrodisia, cortigiana corrotta, che, tra minacce e richiami, aveva il compito di corrompere moralmente la giovane siciliana e sottometterla alla volontà del proconsole. Agata resiste agli attacchi crudeli che è costretta a subire trovando forza nella fede in Dio: al punto che la sua tentatrice, scoraggiata dai continui insuccessi, rinuncia al suo impegno e la riconsegna a Quinziano.
Questi, non riuscendo a intaccare i principi della ragazza, la processa. Convocata al palazzo pretorio, Agata viene quindi portata in carcere, dove subisce numerose violenze per indurla a farle cambiare idea: viene fustigata, subisce un crudele strappo delle mammelle, viene obbligata a camminare sui carboni ardenti. Le sofferenze ed i martiri subiti l’accompagnano pia piano verso la morte avvenuta nella sua cella la notte del 5 febbraio 251.
IL VINO NELLA STORIA
Nel periodo della nascita di Sant’Agata, la Sicilia, terra vocata al vino, era occupata dai Romani che la conquistarono. In quel periodo, nelle campagne siciliane, la produzione vinicola era in piena espansione con la produzione di molti vini considerati importanti alla stregua di quelli greci e, per questo, esportati ovunque, anche in Francia. Tra i vini prodotti si menzionano: il Marmertino, il Biblino, il Mesopotamio, il vino di Selinunte, il Murgentino, il Potulanum.
Il vino, durante i pasti dei ricchi romani, veniva usato per le libazioni, pratica che consisteva nel versare questa bevanda sulla tavola in onore della divinità. In queste occasioni si obbligavano gli invitati a bere tante volte quante erano le lettere del nome della persona alla salute della quale si beveva.
Le donne non erano ammesse ai tali banchetti perché era loro proibito bere vino, a meno che non si trattasse di danzatrici o esperte di tecniche amatorie.
Con la caduta dell’impero romano anche la Sicilia subisce le conseguenze del decadimento generale che provocò l’abbandono dell’agricoltura e quindi della vitivinicultura.
Il vino dell’Etna risale alla colonizzazione greca della Sicilia Orientale (729 a.C.), anche se vi sono testimonianze di comunità agricole riferentesi al Neolitico. Alla fine dell’800 la provincia di Catania era la più vitata della Sicilia: nei decenni successivi, la “Fillossera” e le frequenti eruzioni, diminuiscono considerevolmente la presenza della vite.
Il vino Etna ha avuto riconosciuta, nell’agosto 1968, la Doc, denominazione tra le più antiche d’Italia nonché la prima in Sicilia. La zona etnea, per le sue peculiarità pedoclimatiche diverse da tutto il resto della regione siciliana, produce vino a partire da 300 metri fino ai 1.100 metri di altitudine. L’uva che rientra nei vitigni autoctoni sono: il Nerello Mascalese, il Nerello Cappuccio, il Caricante, il Cataratto ed il Minnella.
I VINI DOC DELL’ETNA
ETNA ROSSO DOC
Vino prodotto con uve autoctone di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio coltivate su terreni ricchi di minerali e composti da sabbie vulcaniche.
Alla vista si presenta di colore rosso rubino tendente ad assumere riflessi granati. È un vino di notevole complessità con un profilo olfattivo elegante e note di frutta rossa, erbe, chiodi di garofano, spezie.
Al palato si presenta caldo, robusto e poco persistente leggermente equilibrato, tannico con finale gradevole. Da abbinare a primi piatti con sughi saporiti, arancini al ragù, carni alla griglia, formaggi semi-stagionati.
Grado alcolico: 13% vol. – Servito alla temperatura tra i 16 – 18° C in un calice a tulipano;
ETNA ROSATO DOC
Vino prodotto con uve autoctone di Nerello Mascalese coltivate su terreni ricchi di minerali e composti da sabbie vulcaniche.
Alla vista si presenta color rosa tenue e brillante. È un vino delicato e leggero, con un profilo olfattivo elegante e note floreali e fruttato, di ciliegia e fragola matura.
Al palato si presenta strutturato, con retrogusto ricco di aromi fruttati e sostenuti da una vibrante freschezza, gradevole.
Da abbinare ad antipasti caldi di pesce, pesce fritto, pasta con sugo di verdure, arancini ai funghi e ragù bianco, pasta al pesce col pomodoro, pizza e tavola calda.
Grado alcolico: 13% vol. – Servito alla temperatura tra i 8– 10° C in un calice a tulipano
ETNA BIANCO DOC
Vino prodotto con uve autoctone di Carricante vinificate in purezza coltivate su terreni ricchi di minerali e composti da sabbie vulcaniche.
Alla vista si presenta giallo paglierino chiaro, con tenui riflessi verdolini. È un vino delicato e leggero con un profilo olfattivo elegante e sentori di frutta a polpa bianca e gialla, seguiti da sfumature minerali.
Al palato si presenta con retrogusto floreale, fruttato, gradevolmente sapido e di ottima persistenza, gradevole.
Da abbinare ad antipasti di pesce crudo, pesce grigliato, verdure, arancini al pistacchio, pasta al pesce in bianco, pizza e tavola calda priva di salsa.
Grado alcolico: 13% vol. – Servito alla temperatura tra i 8– 10° C in un calice a tulipano;
ABBINAMENTO CIBO VINO
Ho ritenuto accompagnare con i vini Doc dell’Etna, le pietanze proposte nella provincia di Catania.
Tali vini, oltre ad essere legati alla tradizione locale, sono il risultato di prove organolettiche compiute allo scopo di trovare la giusta armonia gustativa nell’ accostare al piatto il vino più adatto, al fine di esaltare le caratteristiche di entrambi, in una perfetta unione.
Per suscitare le giuste sensazioni organolettiche, occorre che i componenti del vino si contrappongano a quelli del cibo in modo adeguato, senza provocare stimoli gustativi sgradevoli.
I vini più adatti con le pietanze calde sono quelli che devono essere serviti a temperature non molto basse; viceversa le pietanze fredde vanno servite con vini a temperatura bassa.
L’antica usanza di aggiungere il ghiaccio nel vino è assolutamente sconsigliata da praticare!!
Il gusto personale, accompagnato dall’abitudine o dalla tradizione, può avere una notevole importanza nella scelta individuale del vino, per cui si può preferire un vino leggero e vivace piuttosto che di un vino leggero e quieto (non effervescente).
Nelle pietanze leggere, con formaggi morbidi, è adatto un vino bianco poco alcolico, leggermente delicato e poco profumato, che assicura un abbinamento armonico; se invece si abbinasse allo stesso cibo un vino rosso giovane, si percepirebbe un aroma di mirtillo derivante dall’integrazione delle sostanze presenti nel formaggio con quelle presenti nel vino rosso.
Armonizzare gusti e sapori è un obbligo da assolvere con diligenza e competenza al fine di consentire il giusto equilibrio eno-gastronomico cibo vini.
La scelta di un vino deve essere fatta sia tenendo conto della pietanza che lo accompagna ma anche considerando l’insieme delle altre eventuali pietanze presenti nel menu scelto.
Il vino non deve prevaricare il sapore del cibo, annullandone la tipicità, bensì esaltare e migliorare il gusto, la personalità della ricetta. Per contro la pietanza non deve mai prevalere con aromi e spezie rilevanti sul delicato bouquet del vino e sulla sua personalità, mettendolo in minoranza.
L’armonia si raggiunge nel momento in cui nessun elemento (acidità – amaro – dolce – salato – grasso – piccante) del cibo e del vino avrà il sopravvento sul nostro palato.
Giuseppe Milazzo
(Maestro del Lavoro Chef Sommelier)